Con il termine “gravidanza” si delinea quella particolare condizione femminile che va dal momento del concepimento al momento del parto, caratterizzata, sul piano fisiologico, dall’aumento dei processi metabolici e, su quello psicologico, dall’accentuazione di conflitti, ansie e frustrazioni connesse all’evento.
Alcuni studiosi definiscono questo periodo come uno dei più arricchenti stadi del ciclo di vita perché ci si sente capaci di creare vita (Randaccio e De Padova, 2004). Infatti la gestazione costituisce di per sé un momento particolare della vita della donna, in cui gli aspetti di cambiamento somatico e psicologico richiedono complesse capacità di adattamento.
Oltre alle trasformazioni sul piano biologico la gravidanza implica importanti e nuovi equilibri riguardo all’identità individuale, di coppia e sociale. È acquisito che i processi psicologici coinvolti nella transizione alla genitorialità comportino una ridefinizione dell’identità individuale: il diventare genitore è considerato il terzo processo di separazione-individuazione che completa i processi di costruzione dell’identità avvenuti nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza (Cristini, Ghilardi, 2009).
Dal punto di vista intrapsichico ciò si lega ad una forte mobilitazione cognitiva ed emotiva dovuta al riaffiorare delle esperienze infantili e dei conflitti irrisolti che portano al confronto con i propri modelli genitoriali. Infatti la donna in gravidanza deve confrontarsi contemporaneamente con le proprie modificazioni corporee in atto e con l’assunzione del ruolo materno, processo che implica responsabilità e timori.
Gli aspetti relativi alla costruzione dell’identità femminile-materna devono essere, inoltre, conciliati con i cambiamenti che il nuovo ruolo impone rispetto al contesto, all’identità lavorativa, culturale e sessuale della donna. La gravidanza si presenta perciò come un momento di notevole complessità psicologica e dunque di potenziale vulnerabilità (Cristini, Ghilardi, 2009).
In particolare la prima gravidanza viene considerata come un momento maturativo importante nell’evoluzione della donna capace di esercitare un’influenza destabilizzante sull’equilibrio psicologico individuale. Essa, infatti, viene intesa come una fase dello sviluppo individuale, come una “crisi di identità”, nel corso della quale le basi pulsionali e conflittuali della personalità vengono messe in discussione e normalmente modificate in un nuovo assetto. In breve, il processo di adattamento alla nuova realtà e di elaborazione dei cambiamenti rispetto alla vita precedente può essere distinto in tre periodi corrispondenti ai vari stadi di sviluppo fetale.
Nel primo di essi i genitori si adattano alla novità della gravidanza, accompagnata dai mutamenti corporei nella madre, ma non ancora dall’evidenza della presenza del feto. La donna incinta sviluppa bisogni di dipendenza molto forti e il suo compito più urgente è quello di accettare il “corpo estraneo” che si trova all’interno di lei e di elaborare i sentimenti negativi verso il feto in modo da sperimentarlo come parte positiva di sé stessa.
Nel secondo stadio i genitori iniziano a riconoscere il feto come un essere che alla fine verrà separato dalla madre. Attraverso la percezione dei movimenti fetali quest’ultima individua il bambino come diverso da sé e come possibile oggetto di una relazione. Inoltre, frequentemente in questa fase, la donna si identifica con il feto e rivive i desideri di simbiosi con la madre attraverso la mediazione del bambino.
Infine, nell’ultimo stadio, i genitori sperimentano il figlio come un individuo e ciò grazie anche all’incremento dei movimenti fetali che si fanno progressivamente sempre più assidui e complessi e sono influenzati da vari stimoli esterni sonori, luminosi o pressori. Proprio in questo periodo prende forma il cosiddetto “bambino immaginario”, un’immagine del figlio che corrisponde alle fantasie coscienti che i genitori esercitano intorno al bambino sconosciuto (Benvenuti, 2007).
Come è facile intuire per le trasformazioni biologiche, psicologiche, ambientali che la gravidanza comporta sia per la donna, che per la coppia, che per l’intero sistema familiare essa costituisce un vero e proprio fattore di stress. A tal proposito, si deve riferire che, nel primo trimestre, le preoccupazioni nella donna si concentrano soprattutto nella sua persona, sui sentimenti ambivalenti verso la gravidanza e la competitività nei confronti della figura materna, ignorando quasi completamente l’esistenza del bambino.
Nel secondo trimestre, invece, tale stato emotivo si concentra più sul feto, frequentemente vissuto come sconosciuto, limitante, fonte di responsabilità e di vincoli, potenzialmente malformato ed infine sulla preoccupazione di vedersi cambiata fisicamente e di restare così per sempre (Benvenuti, 2007). Infine gli ultimi tre mesi della gestazione sono caratterizzati dal timore per il bambino e per la sua salute e dall’insicurezza sulle proprie capacità materne.
Gli ultimi momenti della gravidanza ed il parto sono ritenuti come particolarmente critici. Infatti nei giorni che precedono il parto sono presenti ansie di morte come se la nascita di una persona potesse comportare, almeno a livello fantasmatico, la morte di un’altra. In particolare il parto viene vissuto come un atto violento in cui compaiono paure di distruzione del corpo o del bambino (Ammaniti et al., 1995).
Da vari studi emerge dunque che la maggior parte delle donne vive la maternità in termini di gratificazione e creatività oscillando nelle varie fasi fra sentimenti positivi e negativi secondo la storia personale, la personalità, le relazioni affettive e la situazione socio-culturale (Benvenuti, 2007). Il periodo dell’attesa quindi è molto delicato e comporta non solo l’attesa della nascita del bambino, ma anche l’attesa della nascita della madre, della donna come madre. Infatti, come sostenuto da Stern (2010), madri non si nasce, ma si diventa ed occorre del tempo per costruire “l’assetto materno”. La gravidanza è, dunque, un periodo ricco di rielaborazione del passato e progettazione per il futuro, un periodo di crisi nel senso etimologico del termine di passaggio, di ponte tra passato e futuro.
Bibliografia
Alcuni studiosi definiscono questo periodo come uno dei più arricchenti stadi del ciclo di vita perché ci si sente capaci di creare vita (Randaccio e De Padova, 2004). Infatti la gestazione costituisce di per sé un momento particolare della vita della donna, in cui gli aspetti di cambiamento somatico e psicologico richiedono complesse capacità di adattamento.
Oltre alle trasformazioni sul piano biologico la gravidanza implica importanti e nuovi equilibri riguardo all’identità individuale, di coppia e sociale. È acquisito che i processi psicologici coinvolti nella transizione alla genitorialità comportino una ridefinizione dell’identità individuale: il diventare genitore è considerato il terzo processo di separazione-individuazione che completa i processi di costruzione dell’identità avvenuti nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza (Cristini, Ghilardi, 2009).
Dal punto di vista intrapsichico ciò si lega ad una forte mobilitazione cognitiva ed emotiva dovuta al riaffiorare delle esperienze infantili e dei conflitti irrisolti che portano al confronto con i propri modelli genitoriali. Infatti la donna in gravidanza deve confrontarsi contemporaneamente con le proprie modificazioni corporee in atto e con l’assunzione del ruolo materno, processo che implica responsabilità e timori.
Gli aspetti relativi alla costruzione dell’identità femminile-materna devono essere, inoltre, conciliati con i cambiamenti che il nuovo ruolo impone rispetto al contesto, all’identità lavorativa, culturale e sessuale della donna. La gravidanza si presenta perciò come un momento di notevole complessità psicologica e dunque di potenziale vulnerabilità (Cristini, Ghilardi, 2009).
In particolare la prima gravidanza viene considerata come un momento maturativo importante nell’evoluzione della donna capace di esercitare un’influenza destabilizzante sull’equilibrio psicologico individuale. Essa, infatti, viene intesa come una fase dello sviluppo individuale, come una “crisi di identità”, nel corso della quale le basi pulsionali e conflittuali della personalità vengono messe in discussione e normalmente modificate in un nuovo assetto. In breve, il processo di adattamento alla nuova realtà e di elaborazione dei cambiamenti rispetto alla vita precedente può essere distinto in tre periodi corrispondenti ai vari stadi di sviluppo fetale.
Nel primo di essi i genitori si adattano alla novità della gravidanza, accompagnata dai mutamenti corporei nella madre, ma non ancora dall’evidenza della presenza del feto. La donna incinta sviluppa bisogni di dipendenza molto forti e il suo compito più urgente è quello di accettare il “corpo estraneo” che si trova all’interno di lei e di elaborare i sentimenti negativi verso il feto in modo da sperimentarlo come parte positiva di sé stessa.
Nel secondo stadio i genitori iniziano a riconoscere il feto come un essere che alla fine verrà separato dalla madre. Attraverso la percezione dei movimenti fetali quest’ultima individua il bambino come diverso da sé e come possibile oggetto di una relazione. Inoltre, frequentemente in questa fase, la donna si identifica con il feto e rivive i desideri di simbiosi con la madre attraverso la mediazione del bambino.
Infine, nell’ultimo stadio, i genitori sperimentano il figlio come un individuo e ciò grazie anche all’incremento dei movimenti fetali che si fanno progressivamente sempre più assidui e complessi e sono influenzati da vari stimoli esterni sonori, luminosi o pressori. Proprio in questo periodo prende forma il cosiddetto “bambino immaginario”, un’immagine del figlio che corrisponde alle fantasie coscienti che i genitori esercitano intorno al bambino sconosciuto (Benvenuti, 2007).
Come è facile intuire per le trasformazioni biologiche, psicologiche, ambientali che la gravidanza comporta sia per la donna, che per la coppia, che per l’intero sistema familiare essa costituisce un vero e proprio fattore di stress. A tal proposito, si deve riferire che, nel primo trimestre, le preoccupazioni nella donna si concentrano soprattutto nella sua persona, sui sentimenti ambivalenti verso la gravidanza e la competitività nei confronti della figura materna, ignorando quasi completamente l’esistenza del bambino.
Nel secondo trimestre, invece, tale stato emotivo si concentra più sul feto, frequentemente vissuto come sconosciuto, limitante, fonte di responsabilità e di vincoli, potenzialmente malformato ed infine sulla preoccupazione di vedersi cambiata fisicamente e di restare così per sempre (Benvenuti, 2007). Infine gli ultimi tre mesi della gestazione sono caratterizzati dal timore per il bambino e per la sua salute e dall’insicurezza sulle proprie capacità materne.
Gli ultimi momenti della gravidanza ed il parto sono ritenuti come particolarmente critici. Infatti nei giorni che precedono il parto sono presenti ansie di morte come se la nascita di una persona potesse comportare, almeno a livello fantasmatico, la morte di un’altra. In particolare il parto viene vissuto come un atto violento in cui compaiono paure di distruzione del corpo o del bambino (Ammaniti et al., 1995).
Da vari studi emerge dunque che la maggior parte delle donne vive la maternità in termini di gratificazione e creatività oscillando nelle varie fasi fra sentimenti positivi e negativi secondo la storia personale, la personalità, le relazioni affettive e la situazione socio-culturale (Benvenuti, 2007). Il periodo dell’attesa quindi è molto delicato e comporta non solo l’attesa della nascita del bambino, ma anche l’attesa della nascita della madre, della donna come madre. Infatti, come sostenuto da Stern (2010), madri non si nasce, ma si diventa ed occorre del tempo per costruire “l’assetto materno”. La gravidanza è, dunque, un periodo ricco di rielaborazione del passato e progettazione per il futuro, un periodo di crisi nel senso etimologico del termine di passaggio, di ponte tra passato e futuro.
Bibliografia
- Ammaniti M., Candelori C., Pola M. & Tambelli R. (1995), Maternità e gravidanza. Studio delle rappresentazioni materne, Raffaello Cortina Editore, Milano.
- Benvenuti P. (2007), Psicopatologia nell’arco della vita, Seid Editori, Firenze.
- Cristini C. & Ghilardi A. (a cura di) (2009), Sentire e pensare. Emozioni e apprendimento fra mente e cervello, Springer-Verlag Italia.
- Randaccio S. & De Padova M. (2004), Aspetti emozionali: modificazioni psicologiche in gravidanza. Una Medicina a Misura di Donna, CIC Edizioni Internazionali, Roma.
- Stern D.N., Bruscweiler S.N. & Freeland A. (1998), The birth of a mother, Nodam Publishing House, Moshav Ben-Shemen, Israel, trad. it. Nascita di una madre, Mondadori, Milano, 2010.